La distruzione dell’identità maschile/femminile e … omosessuale

Sono tanti i modi in cui gli esseri umani si rappresentano le contraddizioni che attraversano la loro esistenza, uno dei principali e di più lunga data si è costruito attorno alle differenze di carattere biologico, legate alla riproduzione del genere, sulla base delle quali si sono create delle differenze di carattere culturale e morale incentrate sul principio della complementarietà. Dico subito che non mi interessano, né in negativo, né in positivo le preferenze sessuali individuali, che appartengono alla sfera inviolabile della libertà individuale, non nego che una sessualità “deviante” possa arricchire l’esperienza umana, ma perché appunto possa essere “deviante” bisogna che ci siano delle identità maschili e femminili, mentre qui è in gioco la distruzione dell’identità tout court, anche di quella omosessuale.

Esiste una base naturale nelle differenze tra uomo e donna, e consiste nelle ben note differenze anatomiche, le quali originariamente servivano per la riproduzione, in seguito, poiché l’essere umano non è solo un essere biologico, ma anche culturale, attorno alla sessualità si sono sviluppate varie sovrastrutture culturali, e le “deviazioni” da questa norma, proprio perché l’uomo non è un essere puramente naturale, sono sempre state diffuse in tutte le società, un’eccezione così diffusa da diventare a sua volta norma. Nella Grecia classica l’omosessualità era la norma, ed era dovuta al carattere fortemente maschile della società greca, con esclusione e degradazione della donna, per cui l’Eros, che coinvolgeva sia la facoltà fisiche che spirituali, poteva sorgere soltanto tra gli uomini.
Non vedo perché la cultura gay debba essere esente da critiche, si tratterebbe della solita forma di discriminazione al contrario. Quanto poco i “gay pride” abbiano a che fare con la difesa dei diritti di una minoranza emerge nell’inversione operata, a essere derisa è ora la sessualità eterosessuale, questa derisione è ciò che principalmente viene messa in scena nella “parate” del “gay pride”: “Una volta ero etero, ma ora sono guarita” sintetizzava un cartello. Non vedo perché se non si accetta la derisione degli omosessuali, perché si debba accettare la derisione degli eterosessuali.
Esiste una precisa differenza tra l’essere omosessuale e l’essere checca, non a caso epiteto usato frequentemente dagli stessi omosessuali, ed è la differenza che passa tra chi vive una sessualità differente rispetto a quella maschile e femminile e tra chi vuole distruggere, annacquare e imbastardire queste differenze. Essere omosessuale senza essere “checca”, vuol dire vivere la propria sessualità “diversa” senza risentimento verso maschi e donne eterosessuali.
L’identità complementare fra uomo e donna si è costruita principalmente intorno ai principi della conflittualità e della relazionalità, entrambi fanno parte dell’esistenza umana (sia maschile che femminile) che è attraversata da questa contraddizione, ma mentre il maschio ha sviluppato il lato della conflittualità la donna ha sviluppato quella della relazionalità (ciò non vuol dire che nell’uomo sia assente la relazionalità e nelle donne sia assente la conflittualità).
Ovviamente non c’è stato nessuno che a tavolino ha progettato i “gay pride”, essi nascono spontaneamente dal disfacimento sociale delle società ultracapitalistiche, di cui hanno tutti i connotati, volgarità, vita ridotta a spettacolo, narcisismo, illusione dell’illimitata libertà del singolo illusoriamente staccato dalla collettività, ma come prodotto spontaneo viene incoraggiato e promosso dall’amministrazione statunitense. I “gay pride” hanno ben poco a che fare con i diritti degli omosessuali, sono una polpetta avvelenata dell’impero in disfacimento.
I “gay pride” promuovono l’effeminazione, che è una degenerazione del principio femminile della relazionalità staccato dalla sua complementare conflittualità, e in quanto tali sono molto graditi all’amministrazione americana in quanto facilita la passività e la subordinazione, ma promuovono anche il narcisismo, cioè l’incapacità di relazionarsi.
Questo è il suddito ideale, né uomo né donna, e nemmeno omosessuale, incapace di lottare per la propria dignità e incapace di relazionarsi con gli altri esseri umani, con l’attenzione costantemente fissa sui propri genitali e orifizi vari.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *